Dedico questa riflessione di un sabato quasi notte a tutti coloro che vorrano condividere con me un visione del nostro territorio con “il cuore oltre l’ostacolo”.
Ecco: questa sera sono stata al Teatro Comunale di Catanzaro. Ed è già bello che esista un Teatro comunale a Catanzaro. Ma è più bello perché è un teatro “riaperto“, per chi non lo sapesse. Ed è un teatro con una gestione privata dove la politica non ha voce.(credo di aver così capito). Ma questo è un aspetto marginale nella riflessione.
Marginale invece non è il fatto di riuscire a riempire la sala con “teatro contemporaneo“….e non è la prima volta. Magari sono spettacoli di volta in volta di diversa titolarità organizzativa ma, e forse questo è l’aspetto più interessante, il pubblico non lo sa e così questo luogo, in quanto “luogo di buone cose da vedere“, sta facendo crescere il suo “esserci” in una città che può avere così più protagonisti, più voci, più opportunità, diverse.
E fin qui tutto evidente e persino banale.
Meno banale è forse il fatto che il pubblico sia stato stasera, un sabato sera, a vedere in silenzio, e poi abbia sinceramente applaudito, uno spettacolo di teatro contemporaneo difficile, per linguaggio, per tematica, per una performance con qualche problema. Saverio La Ruina in “L-aborto“.
Un dialetto non sempre chiarissimo, un tema antico e, forse, alquanto superato, una sceneggiatura serrata ma puntellata di rimandi e di incursioni di ricordi al limite della narrazione comprensibile, e un La Ruina non in perfetta forma per un malore poco prima dello spettacolo, così che è stato palesemente supportato da una suggeritrice la cui voce però, nella tensione intimistica della scena e sul filo di musica polistrumentale dal vivo, purtroppo arrivava al pubblico come contrappunto alla voce attoriale.
Eppure, ripeto eppure, quando qualcuno alla fine è uscito sul palco per informare del malore di La Ruina e scusarsi del problema tecnico anche offrendo un rimborso, era palese che assolutamente nessuno ci avrebbe nemmeno pensato!
Al di là della nota intensa espressività di La Ruina che con coraggio e sapienza ha ugualmente tenuto lo spettacolo, e al di là dell’altresì noto successo delle sue produzioni anche in giro per il mondo, mi ha colpito molto questo pubblico che invece ha letto oltre il contesto, e ha scelto il “teatro contemporaneo”.
Quel teatro non pensato per le tournée da tante date e per la gioia del botteghino, quello senza “gli attori della televisione e del cinema”, nemmeno quello con gli allestimenti o le musiche accattivanti, e infine nemmeno quello che lavora sui miti, sui grandi personaggi, per così dire sulle “storie famose”; quanto piuttosto quello dell’uomo solo che prova a farsi domande, quello che punta di nuovo molto sulla parola, quello insomma che non ti investe con lo sfavillio e l’appeal dello show.
Piuttosto quel teatro che devi essere tu a cogliere e penetrare con uno sforzo di sintonizzazione su frequenze emotive ed intellettuali non immediate.
Il pubblico ha scelto questo teatro, peraltro in una città che negli ultimi anni, in vero, poco lo ha alimentato, facendo, invece, altre scelte. Per carità tutte rispettabili. Ma forse, azzardo, pensando che “questo teatro” fosse “difficile” e rischioso per chi organizza spettacoli.
Oggi credo che questo pubblico non solo ha dimostrato il contrario, come d’altronde in altre occasioni similari negli ultimi tempi (e non solo al Comunale di Catanzaro! ), ma è pronto anche a quel teatro contemporaneo ancora più sorprendente, ancor più di ricerca, più ardito, dove le soluzioni culturali e artistiche in scena sono verificate mentre si compiono, e là il pubblico diventa davvero il complice o il giustiziere.
Il pubblico, così, è chiamato ad essere un interlocutore, e non solo un fruitore, in un luogo che, grazie ai linguaggi artistici più avanzati che ormai animano i palcoscenici internazionali, non è “entertaiment” e dove lo spettatore è pesante, e non solo per la sedia su cui è accomodato. Anche questo territorio è pronto !
E oggi il teatro contemporaneo “vale il viaggio” !